
C’è una cosa in particolare che ci fa capire, già dall’autostrada o dall’aereo, che stiamo tornando a casa. E’ il simbolo principale della città per i bolognesi, ancora più iconico e famoso delle Due Torri e del Nettuno: il Santuario di San Luca.
La sua inconfondibile sagoma, che svetta superba dall’alto dei 289 metri del Colle della Guardia, rassicura i cittadini e li fa sentire protetti. Con i turisti, invece, si mostra come una seducente costruzione ubicata nella pittoresca cornice dei colli bolognesi, che fa sorgere spontanea la domanda: “Ma come si fa ad andare lassù?”.
Eppure, ciò che rende famoso il santuario bolognese non è semplicemente la sua storia, quanto il tragitto da percorrere per arrivarci, un porticato lunghissimo, anzi, il più lungo del mondo.
Si estende per ben 3.8 chilometri, ed è composto da 666 arcate: un numero assai particolare, associato al demonio (e una chicca per gli amanti dell’occulto). In quest’ottica, il lungo e sinuoso porticato sarebbe il corpo del serpente, rettile satanico, la cui testa viene schiacciata dal Santuario stesso, nei panni della Beata Vergine. Il trionfo del bene sul male.
Perchè costruire questo lunghissimo portico?
Bisogna andare a cercare la risposta molto lontano nel tempo, scartando un secolo dopo l’altro fino ad arrivare al 1192, quando una giovane fanciulla di nome Angelica decise di fondare un eremo proprio sulla cima del Colle della Guardia, avviando la costruzione di una piccola chiesa. Alla sua morte, l’eremo divenne la sede di una comunità monastica femminile, al cui interno veniva gelosamente custodita un’immagine della Vergine, oggetto di venerazione e di numerosi pellegrinaggi. L’effigie, che dal Trecento in poi si conosce come Madonna di San Luca, diventò sempre più famosa tra i devoti tanto che, nel 1433, i confratelli della Compagnia di Santa Maria della Morte decisero di trasportare la sacra immagine giù in città, nella speranza di porre fine ad un plumbeo periodo di incessanti piogge.
Il miracolo desiderato accadde veramente, e quel momento sancì l’inizio delle processioni della Madonna di San Luca. A quel punto però, fu necessario ampliare le dimensioni della chiesetta sul colle, e costruire un porticato che permettesse ai pellegrini di raggiungerla comodamente.
Poiché le casse comunali non potevano permettersi il finanziamento di un’opera così ambiziosa, ci pensò la generosità dei cittadini bolognesi a risolvere il problema, che a suon di offerte permise la realizzazione del progetto. I nomi di alcuni dei benefattori principali si possono leggere sulle numerose lapidi e sugli stemmi posti, ancora oggi, lungo il cammino.
Sogni, amori e desideri
Tornando a noi, il portico più lungo del mondo rappresenta dunque il collegamento più importante tra il centro di Bologna e il santuario in cima al colle. Ovviamente è possibile andare lassù anche in auto, in bus, in bicicletta, con il trenino turistico. Così facendo, però, si perderebbe il fascino di un’esperienza intimamente connessa con il sangue e le radici di ogni bolognese che si rispetti. Perché il portico di San Luca non è solo una storica meta di pellegrinaggio, ma è anche un paesaggio del cuore, della memoria, della vita vissuta di intere generazioni emiliane.
Se l’atmosfera velata di arancione e giallo delle sue arcate e dei muri potesse parlare, ci racconterebbe tante interessanti storie. A San Luca sono fioriti e sono stati dichiarati, più o meno timidamente, innumerevoli amori. Tante emozioni, tanti pensieri e tanti desideri sono stati affidati alle luci e alle ombre del portico. Ha visto anche tante lacrime e assaporato pensieri tristi, ospitato tra le arcate e le cappelle affrescate nebbie dense di delusioni e sogni. E di sudore. Sì, perché ogni giorno, i quasi quattro chilometri del percorso vengono battuti dalle più svariate categorie di sportivi.
Per bolognesi doc, il portico di San Luca è un ottimo ambiente per dedicarsi al trekking, alla corsa, all’esercizio fisico. I 215 metri di dislivello, uniti ad una pendenza media del 10% fanno sì che San Luca sia un luogo deputato alla fatica fisica.
Il percorso di trekking più famoso di Bologna
La strada che costeggia il portico di San Luca è stata, ed è tuttora, teatro di svariate gare automobilistiche e ciclistiche. Ogni anno è qui che si conclude il Giro dell’Emilia, e nel 2009 il Giro d’Italia del centenario lo ha eletto come quattordicesima tappa. Quindi, se vogliamo essere degni di varcare la soglia del Santuario di San Luca e omaggiare la sua Vergine, dobbiamo metterci tuta e scarpe da ginnastica, recarci in via Sabotino, nel Quartiere Saragozza, e cominciare la fatidica ascesa. Fino a che non si arriva presso l’Arco del Meloncello si può stare tranquilli. In questo punto cruciale, però, il portico curva e sancisce l’inizio della salita.
Si sale, si curva, si curva, si sale, e ci si può fermare a riprendere fiato presso le cappelle affrescate, quindici in tutto, disseminate tra le arcate lungo tutto il percorso a celebrare i misteri del rosario.
Vi accorgerete man mano dell’esistenza di cortili interni, prati, abitazioni private lungo la salita, che però non si intromettono nella fluidità del portico. Non possiamo dirvi di preciso quanto tempo occorre per arrivare alla croce in legno che segnala l’arrivo presso il santuario. Si sale correndo, o camminando velocemente, oppure piano, magari chiacchierando. Ci si ferma, si ammirano gli sprazzi di tetti bolognesi che compaiono qua e là, si scattano foto, si prega e si pensa. Ognuno ha il suo ritmo, quindi toccherà a voi trovare il vostro.
Il santuario di San Luca e la sua protettrice
Una volta arrivati in cima, la fatica sarà spazzata via dal panorama, che spazia verso i morbidi profili dei colli limitrofi. Ma è solo quando avrete guadagnato il piazzale antistante il santuario, che vi potrete rendere conto di tutta la sua rosea imponenza.
Mentre i vostri occhi ne seguiranno il profilo barocco, tenete a mente che la prima pietra di siffatto capolavoro è stata posta nel 1723. Quarantadue anni dopo fu consacrato il santuario, e solo nel 1774 l’opera fu ultimata.
Ora non vi resta che entrare, ammirare la sua pianta ellittica e le numerose opere d’arte di autori come Donato Creti, Guido Reni e il Guercino, e rendere omaggio alla Vergine di San Luca con il Bambino. Questa, una volta all’anno, viene collocata su un baldacchino, issata sulle spalle di alcuni solerti frati domenicani vestiti da pellegrini e, accompagnata da una solenne processione, portata giù alla cattedrale di San Pietro, in via Indipendenza. Qui la Madonna soggiorna per una settimana, ed il sabato successivo viene riportata su al santuario, sempre con una nutrita processione.